Immunoterapia nel tumore al polmone
Le terapie attualmente disponibili per il trattamento dei tumori del polmone, in particolare nella fase avanzata di malattia, offrono scarso beneficio ad eccezione nel sottogruppo di pazienti con neoplasia oncogene-driven, che rappresenta il 15-20% dell’intera popolazione, per cui sono già disponibili nella pratica clinica agenti a bersaglio molecolare.
L’immunoterapia rappresenta la nuova frontiera nel trattamento dei tumori del polmone.
Tutti i pazienti oncologici, indipendentemente dalle anormalità genetiche o metaboliche, possono trarre potenziale beneficio dal trattamento perché il bersaglio è rappresentato proprio dalla risposta immunitaria del paziente e non la cellula tumorale.
Gli immuno-checkpoint si riferiscono a una serie di vie inibitorie nel sistema immunitario che sono cruciali per il mantenimento dell’auto-tolleranza e la prevenzione dell’eccessiva, prolungata, e potenziale attività deleteria delle cellule T nei tessuti periferici.
Il carcinoma del polmone può utilizzare questi immuno-checkpoint per eludere la risposta immunitaria antitumorale, ad esempio attraverso la perdita di espressione di antigeni associati al tumore e/o antigeni del sistema maggiore di istocompatibilità ( MHC ), o attraverso la produzione di citochine e l’espressione di nuove molecole di membrana ad attività inibitoria.
Questo fenomeno di continuo rimodellamento molecolare è definito come cancer immunoediting che consta di tre fasi principali e sequenziali tra loro:
eliminazione ( completa distruzione delle cellule tumorali da parte del sistema immunitario dell’ospite );
equilibrio ( le cellule tumorali, attraverso una selezione operata dalle cellule T, diventano resistenti al sistema immunitario );
evasione ( le cellule tumorali originano lesioni clinicamente rilevabili ).
Attualmente gli immuno-checkpoint noti per essere coinvolti nell’evoluzione del tumore del polmone sono il recettore CTLA-4 ( cytotoxic T-lymphocyte antigen-4 ) e l’asse PD-1/PD-L1 ( programmed cell death-1 / programmed cell death-ligand 1 ).
Il CTLA-4, noto anche come CD152, è un recettore appartenente alla superfamiglia delle immunoglobuline ( Ig ) espresso sui linfociti T citotossici.
A seguito del legame con uno dei suoi ligandi, B7-1 oppure B7-2 espressi su APC ( antigen-presenting cell ), trasmette all'interno del linfocita un segnale di tipo inibitorio, contribuendo così alla regolazione omeostatica della risposta immunitaria.
Ipilimumab e Tremelimumab, anticorpi monoclonali anti-CTLA-4, sono attualmente in sviluppo clinico nel carcinoma del polmone.
Anche il PD-1 è un recettore di superficie appartenente alla superfamiglia delle Ig ed è espresso sulle cellule T e pro-B e riconosce come ligandi il PD-L1 e il PD-L2.
Il PD-L1 è una proteina transmembrana il cui legame ai suoi recettori, PD-1 e B7.1, sulla superficie delle cellule T ne determina la loro disattivazione.
Nivolumab e Pembrolizumab, sono anticorpi monoclonali anti-PD-1, mentre Atezolizumab e il Durvalumab, sono anticorpi monoclonali anti-PDL1.
L’immunoterapia ha determinato un cambiamento delle modalità con cui dovrebbero essere misurate le risposte obiettive, sia negli studi clinici che nella pratica clinica.
Dagli studi condotti nel trattamento immunoterapico del melanoma, si è visto che la risposta antitumorale si rende evidente non prima di settimane o mesi rispetto all’inizio del trattamento, con un guadagno in sopravvivenza che si manifesta dopo diversi mesi.
Questo perché i farmaci immunoterapici attivano il sistema immunitario che a sua volta determina una risposta cellulo-mediata.
La valutazione della risposta al trattamento è basata sull’impiego dei criteri RECIST o WHO.
In corso di immunoterapia questi criteri convenzionali non sono adeguati per la presenza di infiltrato infiammatorio peritumorale che può mimare una pseudo-progressione e che è fenomeno tipico durante questo tipo di trattamento.
Per ovviare a questa problematica sono stati creati i criteri per la valutazione della risposta immunocorrelata ( irCR ), secondo cui una iniziale progressione radiologica, intesa come comparsa di nuove lesioni e/o incremento delle dimensioni di lesioni pre-esistenti, in assenza di progressione clinica, deve essere confermata ad una valutazione successiva.
L’impiego corretto della irCR può permettere l’identificazione di un gruppo di pazienti lungo-sopravviventi tra quelli che potrebbero essere considerati in progressione con i criteri convenzionali e che quindi non potrebbero continuare a beneficiare del trattamento specifico.
Altro aspetto che l’immunoterapia ha evidenziato è la necessità di capire se questo trattamento è per tutti o è importante selezionare i pazienti che maggiormente possano beneficiare della terapia immunologica ottimizzando i risultati ed i costi per la sostenibilità da parte del sistema nazionale.
Allo stato attuale delle conoscenze, il target individuato è l’espressione di PD-L1 ma non è chiaro quale cutoff e metodologia impiegare per definire il gruppo di pazienti da trattare.
Inoltre, l’assetto immunitario tende a cambiare nel tempo; pertanto anche l’espressione di PD-L1 può essere diversa a seconda di quando il prelievo di tessuto tumorale sia stato fatto, alla diagnosi, o alla progressione.
Questo va considerato nella lettura dei risultati degli studi ad oggi disponibili. ( Xagena_2016 )
Fonte: AIOT, 2016
Xagena_Medicina_2016