Immunoterapia oncologica: reazioni avverse


Molti dei possibili effetti collaterali dei nuovi farmaci immunoterapici sono strettamente associati al loro specifico meccanismo di azione.
La stimolazione del sistema immunitario, che è utile per combattere il tumore, può innescare anche processi indesiderati di reazione autoimmune.

Nella maggior parte dei casi, la tossicità di questi farmaci è lieve o moderata, sebbene si possano verificare anche reazioni indesiderate più gravi.
Dal momento che alcuni di questi effetti collaterali possono presentarsi in maniera subdola, è necessario un continuo e stretto rapporto tra paziente e medico in modo da permettere una diagnosi precoce, e quindi un trattamento tempestivo di queste tossicità.
Inoltre, proprio per il particolare meccanismo alla base della razione autoimmune, può capitare che questi effetti collaterali si verifichino anche quando il trattamento è stato già interrotto, per cui il paziente dovrebbe riferire sempre al medico eventuali nuovi sintomi, anche se questi dovessero comparire dopo la fine della immunoterapia.

Effetti collaterali non-correlati a una reazione autoimmune

Tossicità costituzionali: sono effetti collaterali generalizzati che interessano tutto l’organismo e non rientrano nelle reazioni autoimmuni. Sono costituiti prevalentemente dalla cosiddetta fatigue ( debolezza ), caratterizzata da una sensazione persistente di stanchezza e facile affaticabilità, anche per sforzi fisici lievi, oltrechè da dolori diffusi ai muscoli e alle articolazioni ( 5% circa dei pazienti trattati ) e dalla riduzione dell’appetito.

Effetti collaterali correlati a una reazione autoimmune

a) Tossicità cutanea: il prurito è riportato dal 47-68% dei pazienti che assumono Ipilimumab ( Yervoy ). Il prurito può svilupparsi sulla cute apparentemente sana, oppure può essere accompagnato da una eruzione cutanea ( ovvero un cambiamento del colore e dell’aspetto della pelle ). Tali sintomi si presentano solitamente nelle prime 3-6 settimane dall'inizio del trattamento, e nella maggior parte dei casi sono di lieve entità. In alcuni casi può verificarsi una perdita del normale colore della cute e la comparsa di macchie bianche ( cosiddetta vitiligine ). Anche i farmaci inibitori di PD-1 come il Nivolumab ( Opdivo ) possono provocare tale tossicità in una percentuale compresa tra il 30 ed il 50% dei pazienti trattati.

b) Tossicità gastrointestinale ed epatica: i disturbi gastrointestinali interessano circa il 40% dei pazienti trattati con Ipilimumab e, in minor misura ( 16% ), pazienti trattati con Nivolumab. I disturbi dell’apparato digerente insorgono solitamente dopo circa 5-7 settimane di terapia, e sono caratterizzati da diarrea e/o dolori addominali. In alcuni casi può verificarsi la perdita di sangue con le feci e può comparire febbre. Sono stati descritti casi gravi di colite ( ovvero infiammazione del colon ) in corso di terapia con Ipilimumab. Meno comuni sono le tossicità a carico di fegato o pancreas, caratterizzate solitamente dall’alterazione di alcuni esami di laboratorio ( incremento di alcuni enzimi epatici che può essere misurato nel sangue come espressione di danno a carico del fegato ), ma che spesso non portano a problematiche rilevanti dal punto di vista clinico. Molto raramente si verifica una epatite autoimmune, vale a dire una infiammazione acuta del fegato scatenata dalla reazione del sistema immunitario contro le cellule sane del fegato.

c) Tossicità delle ghiandole endocrine: una tossicità delle ghiandole endocrine deputate alla produzione di ormoni di vario tipo si verifica nel 5-10% dei pazienti trattati con i nuovi farmaci immunoterapici.
L'ipotiroidismo ( ossia una ridotta attività della ghiandola tiroide ) è relativamente frequente: quando si verifica, è caratterizzato da stanchezza, scarso appetito, depressione. La diagnosi viene effettuata tramite il dosaggio degli ormoni tiroidei con un semplice prelievo di sangue, e il medico in alcuni casi deve prescrivere un trattamento ormonale sostitutivo ( ovvero far assumere al paziente, sotto forma di farmaci, gli ormoni che la tiroide non sta producendo a sufficienza ).
È talora possibile anche il verificarsi di ipertiroidismo, ossia un incremento del rilascio nel sangue di ormoni tiroidei da parte della tiroide. Tale incremento è spesso transitorio e viene seguito poi da ipotiroidismo. I sintomi tipici dell’eccesso di ormoni tiroidei comprendono sudorazione, agitazione, palpitazioni cardiache ( cosiddetto cardiopalmo ), fame, sensazione di calore. Può essere necessario, in casi selezionati, somministrare alcuni farmaci ( beta-bloccanti ) in grado di ridurre la stimolazione cardiaca da parte degli ormoni tiroidei in eccesso.
Più raro è un danno a carico dell’ipofisi, ghiandola situata all'interno del cervello che controlla numerosi ormoni in tutto l’organismo. Un'infiammazione di questo organo ( ipofisite ) può causare una ridotta produzione di uno o più ormoni prodotti dall’ipofisi ( ipopituitarismo ), e quindi può venir meno lo stimolo alla produzione ormonale da parte di altre ghiandole come la tiroide, i surreni ( due ghiandole presenti al di sopra dei reni, che producono ormoni implicati nella regolazione la pressione arteriosa, i livelli di zucchero nel sangue e la funzionalità sessule ) o le gonadi ( ovaie nelle donne e testicoli nei maschi, ghiandole deputate alla produzione degli ormoni sessuali ). L'ipofisite si presenta spesso qualche tempo dopo l’inizio del trattamento, e con sintomi in alcuni casi generici, da non confondere con le tossicità costituzionali. La diagnosi si basa su dosaggi ormonali specifici e sull’esecuzione di una risonanza magnetica del cervello, che consente di visualizzare la forma e l’aspetto della ghiandola ipofisi.
Abbastanza raro è il non funzionamento dei surreni ( ipocorticosurrenalismo primitivo ) dovuto a una reazione autoimmune contro le ghiandole surrenaliche con conseguente insufficiente produzione di ormoni surrenalici. Tale condizione è caratterizzata da forte stanchezza, riduzione della pressione arteriosa, modificazione dei livelli di sodio e potassio nel sangue, predisposizione alle infezioni e ridotta capacità di sopportare le situazioni di stress per l’organismo.

d) Tossicità a carico di mucose ed occhi: circa il 5% dei pazienti trattati con l’immunoterapia riferisce la comparsa di secchezza della gola e, talvolta, riduzione della lacrimazione. Tali sintomi possono presentarsi in modo isolato, oppure essere dovuti a una reazione autoimmune diretta contro le ghiandole salivari e/o lacrimali ( sindrome di Sjögren ). Talvolta possono osservarsi patologie infiammatorie dell’occhio, delle palpebre, della congiuntiva.

e) Tossicità polmonare: circa il 3% dei pazienti trattati con Nivolumab sviluppa una tossicità polmonare, tipicamente sotto forma di polmonite, anch’essa dipendente da un meccanismo auto-immunitario. I sintomi più precoci sono costituiti dalla tosse secca ( senza produzione di muco ) e dalla progressiva mancanza di fiato ( dispnea ).
Gli esami radiologici del torace e l’esecuzione delle prove di funzionalità respiratoria possono permettere una diagnosi tempestiva di tale complicanza, consentendo al medico di prescrivere la terapia più appropriata.

f) Tossicità renale: si verifica in una percentuale molto bassa di pazienti ( 2% ) e viene diagnosticata solo a causa dell’incremento del valore di creatinina nel sangue: spesso è infatti asintomatica.

g) Tossicità neurologica: è una evenienza rara, riportata nei pazienti sottoposti a terapia con farmaci come Ipilimumab. Può interessare i nervi periferici come quelli delle braccia o delle gambe ( neuropatia periferica ), che può colpire sia le fibre nervose responsabili della sensibilità ( fibre sensitive ) che quelle che permettono i movimenti muscolari volontari ( fibre motorie ). La diagnosi può richiedere l’esecuzione di accertamenti specifici quali l’elettromiografia. ( Xagena_2016 )

Fonte: AIOM, 2016

Xagena_Medicina_2016