Cancro al polmone non-a-piccole cellule non-squamoso, metastatico: Pembrolizumab, un anti-PD-1, riduce del 44% il rischio di mortalità e aumenta la sopravvivenza a lungo termine


I dati di follow-up a lungo termine dello studio di fase 3 KEYNOTE-189, hanno evidenziato che nei pazienti con carcinoma polmonare non-a-piccole cellule non-squamoso metastatico, e senza mutazioni attivanti di EGFR o traslocazione del gene ALK, l’aggiunta dell’anticorpo anti PD-1 Pembrolizumab ( Keytruda ) alla chemioterapia di prima linea, ha migliorato la sopravvivenza e questo beneficio si è mantenuto nel tempo, indipendentemente dall’espressione di PD-L1.

Pembrolizumab in combinazione alla chemioterapia ha ridotto il rischio di mortalità del 44% rispetto alla sola chemioterapia e, a 2 anni, ha dimostrato di mantenere il beneficio di sopravvivenza anche a lungo termine in questi pazienti.
In particolare il 45.7% dei pazienti trattati con la combinazione era vivo dopo 2 anni rispetto al 27.3% con sola chemioterapia.
La sopravvivenza globale ( OS ) mediana è raddoppiata con la combinazione, raggiungendo i 22 mesi rispetto ai 10.6 mesi con la sola chemioterapia.

KEYNOTE-189 è uno studio multicentrico che ha valutato Pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia a base di Pemetrexed e un derivato del Platino ( Cisplatino o Carboplatino ) come trattamento di prima linea, rispetto al solo Pemetrexed e il derivato del Platino, nei pazienti con cancro al polmone non-a-piccole cellule metastatico, con istologia non-squamosa e privi di alterazioni dei geni EGFR o ALK.

I dati aggiornati relativi ai diversi livelli di espressione di PD-L1 hanno confermato che il beneficio dell’aggiunta di Pembrolizumab alla chemioterapia è indipendente dall’espressione del biomarcatore.
Infatti, il sottogruppo con espressione di PD-L1 inferiore all’1%, anche a un follow-up mediano superiore ai 2 anni, ha mostrato un aumento significativo della sopravvivenza globale nel braccio trattato con la chemioterapia più Pembrolizumab, nel quale la mediana è stata di 17.2 mesi, rispetto a quello trattato con la sola chemioterapia, dove la mediana è risultata di 10.2 mesi, con una differenza statisticamente significativa.

Il beneficio di sopravvivenza della combinazione si è mantenuto nel lungo periodo anche per quanto riguarda la sopravvivenza libera da progressione ( PFS ).
L’aggiunta dell’anticorpo anti-PD-1 alla chemioterapia ha quasi raddoppiato la mediana di sopravvivenza PFS ( 9.0 mesi versus 4.9 mesi ) e dimezzato il rischio di progressione della malattia o il decesso ( hazard ratio, HR=0.49; IC al 95%, 0.41 - 0.59 ), rispetto alla sola chemioterapia.
Inoltre, il tasso di sopravvivenza PFS a 2 anni è risultato del 22% nel braccio trattato con Pembrolizumab più chemioterapia versus 3.4% con la sola chemioterapia.

Riguardo alla sopravvivenza PFS2, cioè il tempo intercorrente tra la randomizzazione e la progressione del tumore durante la linea successiva di trattamento o il decesso, l'hazard ratio è stato pari a 0.50 ( IC al 95%, 0.41-0.61 ) a favore del braccio trattato con Pembrolizumab.

Il tasso di risposta obiettiva ( ORR ) è risultato pari al 48.3% nel braccio Pembrolizumab più chemioterapia versus il 19.9% nel braccio solo chemioterapia.
Nei 56 pazienti che hanno completato i 2 anni di trattamento con Pembrolizumab, il tasso ORR è risultato dell'85.7%.

Il profilo di sicurezza di Pembrolizumab è risultato in linea con quanto osservato in precedenza negli studi sui pazienti con cancro al polmone non-a-piccole cellule metastatico trattati con questo anticorpo monoclonale.

Eventi avversi di grado 3-5 si sono manifestati nel 72.1% dei pazienti trattati con Pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia e nel 66.8% di quelli trattati con la sola chemioterapia. ( Xagena_2020 )

Fonte: Journal of Clinical Oncology, 2020

Xagena_Medicina_2020