KEYNOTE-042 - Trattamento di prima linea del tumore al polmone non-a-piccole cellule avanzato: Pembrolizumab in prima linea più efficace della chemioterapia nei pazienti con espressione di PD-L1 uguale o superiore all'1%


Sono stati presentati i dati di KEYNOTE-042, uno studio di fase III, multicentrico, condotto su un’ampia casistica di pazienti con istologia sia squamosa sia non-squamosa trattati in prima linea con Pembrolizumab ( Keytruda ).
Lo studio ha dimostrato che l’immunoterapia anti-PD-1 di prima linea, è più efficace della chemioterapia e migliora in modo significativo la sopravvivenza globale ( OS ), anche nei pazienti che presentano un’espressione bassa o minima del biomarcatore PD-L1.
I pazienti trattati con Pembrolizumab sono sopravvissuti da 4 a 8 mesi in più, in base al livello di espressione di PD-L1, rispetto a quelli sottoposti alla chemioterapia convenzionale.

Questi risultati potrebbero ampliare in modo considerevole la popolazione di pazienti con tumore al polmone non-a-piccole cellule in stadio avanzato trattabili in prima linea con la sola immunoterapia.

Finora Pembrolizumab poteva sostituire la chemioterapia solo nei pazienti con una espressione di PD-L1 superiore al 50%.
Dallo studio KEYNOTE-042 è invece emerso che questo inibitore del checkpoint immunitario può essere impiegato in monoterapia, al posto della chemioterapia, anche nei casi di bassa espressione di questo biomarcatore, almeno superiore all’1%.
Questo si traduce che il 50-60% dei pazienti risulta eleggibile al trattamento immunoterapico.

Nei pazienti con espressione di PD-L1 uguale o superiore all'1%, Pembrolizumab è risultato associato a un vantaggio di sopravvivenza globale del 20% rispetto alla chemioterapia. Nei soggetti con una espressione più alta di PD-L1, il beneficio dell'immunoterapia rispetto alla chemioterapia è risultato ancora superiore, con una sopravvivenza globale migliore del 23% nei pazienti con espressione di PD-L1 superiore o uguale al 20% e migliore del 31% in quelli con una espressione del ligando superiore o uguale al 50%.
Inoltre, nello studio KEYNOTE-042 , l'immunoterapia ha più che raddoppiato la durata della risposta complessiva al trattamento, indipendentemente dal livello di espressione di PD-L1.
La tollerabilità è risultata migliore rispetto a quelli trattati con la chemioterapia, con meno della metà degli eventi avversi di grado 3 o superiore.

Studio KEYNOTE-042

KEYNOTE-042 è uno studio randomizzato, in aperto, che ha coinvolto 1274 pazienti con carcinoma del polmone non-a-piccole cellule localmente avanzato o metastatico, con istologia sia squamosa sia non-squamosa, aventi un’espressione di PD-L1 maggiore o uguale a 1%, ma non portatori di alterazioni genetiche trattabili con farmaci mirati come gli inibitori di EGFR o ALK.

I partecipanti sono stati suddivisi in tre sottogruppi in base al livello di espressione di PD-L1: con TPS ( tumor proportion score ) maggiore o uguale a 50% ( n=599 ), TPS maggiore o uguale a 20% ( n=818 pazienti ) e TPS maggiore o uguale a 1%.
In ogni sottogruppo, gli sperimentatori hanno assegnato un ugual numero di pazienti al trattamento con Pembrolizumab ( 200 mg ogni 3 settimane per un massimo di 35 cicli ) o alla chemioterapia scelta dal medico tra Paclitaxel più Carboplatino o Pemetrexed più Carboplatino, in base all'istologia, per un massimo di 6 cicli.
La sopravvivenza globale ( endpoint primario dello studio ) è risultata significativamente maggiore con Pembrolizumab rispetto alla chemioterapia per tutti i livelli di espressione di PD-L1.
Nel sottogruppo con espressione di PD-L1 maggiore o uguale al 50%, la sopravvivenza mediana globale è risultata pari a 20.0 mesi con Pembrolizumab contro 12.2 mesi con la chemioterapia, con un hazard ratio ( HR ) pari a 0.69 ( P = 0.0003 ).

Nel sottogruppo con espressione di PD-L1 maggiore del 20%, la sopravvivenza mediana globale è risultata rispettivamente di 17.7 mesi contro 13.0 mesi, con un hazard ratio pari a 0.77 ( P = 0.0020 ).

Nel sottogruppo con espressione di PD-L1 maggiore o uguale a 1%, la sopravvivenza mediana globale è risultata rispettivamente di 16.7 mesi contro 12.1 mesi, con un hazard ratio pari a 0.81 ( P = 0.018 ).
Anche i tassi di risposta sono risultati più alti tra i pazienti trattati con Pembrolizumab: 39.5% contro 32% nel sottogruppo con TPS maggiore o uguale a 50%, 33.4% contro 28.9% in quello con TPS maggiore o uguale a 20% e 27.3% contro 26.5% in quello con TPS maggiore o uguale a 1%.

La durata della risposta al trattamento è risultata maggiore con Pembrolizumab in tutti e tre i sottogruppi: 20.2 mesi contro 10.8 mesi con TPS maggiore o uguale a 50%, 20.2 mesi contro 8.3 mesi con TPS maggiore o uguale a 20% e 20.2 mesi contro 8.3 mesi con TPS maggiore o uguale a 1%.

Il profilo di tossicità di Pembrolizumab è apparso sostanzialmente più favorevole di quello associato alla chemioterapia, con una incidenza di eventi avversi correlati al trattamento rispettivamente del 62.7% contro 89.9%, una incidenza degli eventi avversi correlati al trattamento di grado da 3 a 5 rispettivamente del 17.8% contro il 41% e una incidenza di interruzioni della terapia a causa di eventi avversi rispettivamente del 9.4% e del 9%.

Gli eventi avversi immuno-mediati sono risultati più frequenti con Pembrolizumab: 27.8% contro 7.2% con la chemioterapia.
Nel braccio trattato con Pembrolizumab è stato segnalato un decesso immuno-correlato. ( Xagena_2018 )

Fonte: ASCO - Journal of Clinical Oncology, 2018

Xagena_Medicine_2018